Un viaggio nel tempo al Mauto. La storia della ‘automotività’ fino all’invenzione dell’automobile: dalle antiche civiltà greca ed egizia, alla rivoluzione industriale, attraverso il Rinascimento.

Dalla ruota dei Sumeri del 2500 a.C. alla prima automobile della storia, la Benz Patent Motorwagen del 1886: queste sono la prima e l’ultima tappa, tra secoli e continenti, del viaggio fra i modelli in mostra, veicoli funzionanti e installazioni multimediali, che rivivono in “Motus. Preistoria dell’Automobile”. L’appuntamento è al MAUTO – Museo Nazionale dell’Automobile di Torino, dall’8 aprile al 25 settembre 2022.

I tredici oggetti esposti sono tutti funzionanti, realizzati con cura nei minimi dettagli utilizzando il metodo dell’archeologia sperimentale, che si avvale delle tecniche e dei materiali disponibili nel periodo storico in cui i veicoli furono progettati. La mostra propone quanto, nei secoli, abbia rappresentato una novità nella ricerca del movimento autonomo da parte dell’uomo: i prototipi esposti non hanno bisogno di forze esterne per muoversi, come, ad esempio, il traino di animali. Viene messo in evidenza anche l’aspetto sorprendente della tecnologia meccanica. I dispositivi che determinano il funzionamento dei veicoli riscostruiti sono nascosti alla vista o incomprensibili ai più.

I pezzi in mostra si dividono in tre gruppi: i veicoli automobili propriamente detti, con un meccanismo all’interno che ne consente il movimento; i mezzi che potrebbero considerarsi automobili agli occhi di chi guarda: non si muovono grazie a forze esterne, ma hanno bisogno dell’assistenza costante dell’uomo; i veicoli ibridi, ovvero quelli che possono spostarsi sia con l’energia motrice fornita dall’uomo che grazie a un meccanismo proprio della macchina.

La mostra nasce da un’idea del Museo Galileo di Firenze e del Museo del Sidecar di Cingoli (Macerata) ed è curata da Giovanni Di Pasquale, storico della scienza e della tecnologia antiche e vicedirettore scientifico del Museo Galileo, e da Costantino Frontalini, direttore del Museo del Sidecar. È coprodotta dal Museo Galileo e Civita Mostre e Musei in collaborazione con il MAUTO. Le ricostruzioni sono realizzate dal Museo del Sidecar, mentre si deve al Laboratorio Multimediale del Museo Galileo la produzione delle animazioni 3D e allo studio creativo camerAnebbia di Milano quella degli exhibit interattivi. Catalogo illustrato di Silvana Editoriale.

APPROFONDIMENTO:

LE OPERE IN MOSTRA
Nella gran parte dei casi le ricostruzioni riproducono macchine e dispositivi giunti fino a noi solo attraverso le fonti letterarie; la loro realizzazione è stata possibile quindi grazie a una minuziosa indagine sulle fonti storiche e iconografiche. Come noto, la ricerca della “automotività” si realizza con la vettura progettata e costruita da Karl Benz nel 1886: egli è al tempo stesso precursore e pioniere, e segna il confine tra la preistoria e la storia dell’automobile.

Il viaggio espositivo inizia con la “Ruota di Ur” nel III millennio a.C., in Mesopotamia: colla animale e corde tengono insieme tre parti ritagliate nel legno, con perno in bronzo e rivestitura in pelle. Prosegue fino a Rodi nel 304 a.C., dove troviamo la “Torre mobile da assedio” con cui il re macedone Demetrio Poliorcete avanzò fin sotto le mura della città. Alta 46 metri, a nove piani, la torre mobile era rivestita di metallo per impedire che venisse incendiata e nascondeva all’interno il motore che la faceva muovere autonomamente, in avanti e lateralmente: se ne conserva memoria nel gioco degli scacchi, dove la torre può compiere solo queste mosse. Il percorso continua nel 50 d.C., ad Alessandria d’Egitto, con il “Teatrino mobile” di Erone: un complesso meccanismo ne governava la partenza e il riposizionamento, proprio come un’entrata e un’uscita di scena, che rappresentava un rito dionisiaco.

Un balzo temporale porta nel 1420 a Padova, con il veicolo progettato dall’ingegnere Giovanni Fontana, la “Cattedra deambulatoria”, composta da un abitacolo in legno nel quale il guidatore, comodamente seduto, può manovrare lo sterzo e modificare la traiettoria del veicolo. Il periodo rinascimentale è ricco di invenzioni: tra queste, il “Carro automotore” di Leonardo da Vinci, raffigurato in una serie di disegni realizzati tra il 1478 e il 1485. Il modello esposto, mosso dall’energia prodotta da una molla a balestra, propone la presenza di una ruota posteriore sterzante con leva di comando, probabilmente destinata a un guidatore.

Ci si sposta in Germania, a Norimberga, dove nel 1655 l’orologiaio Stephan Farfler, paralizzato alle gambe sin da bambino, progetta il “Triciclo meccanico” per muoversi in autonomia: un carretto a tre ruote mosso da una manovella azionata dal guidatore che può essere considerato il primo esempio di carrozzina per persone con disabilità. Nel XVII secolo si diffonde una nuova forma di energia, utilizzata dal gesuita belga Ferdinand Verbiest, missionario a Pechino, per il suo “Carretto a vapore”: nel 1678 creò per il divertimento del giovane imperatore Kanxi un veicolo semovente azionato dal vapore che fuoriusciva da una caldaia.

Sempre dall’Oriente, da Hikone in Giappone, arriva la “Barca terrestre”: Hiraishi Kuheiji Tokimitsu, magistrato della città e appassionato di astronomia e matematica, costruì nel 1732 un veicolo denominato “rikusensha”, la cui caratteristica principale era il sistema di propulsione tramite pedali spinti alternativamente con i piedi. Per questo motivo, i Giapponesi oggi rivendicano il primato nell’invenzione della bicicletta, che tradizionalmente si fa risalire al 1817 in Germania, a Mannheim, con la comparsa della “Draisina”, il cui modello è esposto in mostra. Il barone Karl von Drais progettò il mezzo che presenta molte delle caratteristiche delle attuali biciclette: il manubrio impugnato con entrambe le mani, il cavalletto, il freno, il sellino.

Nella parte finale dell’esposizione si trova il “Velocimano”, pezzo originale della collezione del Museo del Sidecar: un nuovo mezzo per il trasporto personale che comparve in Italia nel 1819, chiamato così perché era il movimento alternato delle braccia a spingere il veicolo. Si tratta di un triciclo inventato da Gaetano Brianza che, nella versione standard, aveva le sembianze di un cavallo alato. La mostra Motus vola poi negli Stati Uniti, a Boston, con il motociclo costruito da Sylvester Roper nel 1869: la prima motocicletta della storia. Ha il telaio in ferro e due manopole sul manubrio che comandano accelerazione e frenata; la sella è in realtà il serbatoio dell’acqua con cui ricaricare la caldaia.

Da una collezione privata viene la locomotiva stradale costruita nel 1879 dalla prestigiosa fabbrica di carrozze Trinci di Pistoia. Questo esemplare venne acquistato dalla famiglia Milani nel 1914 per la tenuta di Montespertoli (Firenze); fu usato anche per i giochi dei bambini: uno di essi era Lorenzo, che più tardi divenne parroco a Barbiana, dove fu maestro di cultura e di vita. Infine, si arriva al 1886, anno di svolta nella storia della mobilità terrestre, perché chiude l’epoca dei precursori e inizia quella dei pionieri dell’automobile: Karl Benz inventa, brevetta, costruisce e pubblicizza la sua vetturetta a tre ruote denominata Benz Patent Motorwagen, la prima automobile moderna. È una carrozza spinta dal nuovo e rivoluzionario motore a combustione interna, denominato anche “a scoppio”. Grande pubblicità suscitò, il 5 agosto 1888, il viaggio di Bertha, moglie di Benz, con due figli fino a Pforzheim, 180 km tra andata e ritorno, a una velocità di circa 10 km all’ora.

C.S.M.
Fonte: Comunicato stampa, aprile 2022

MAUTO – Museo Nazionale dell’Automobile
Corso Unità d’Italia 40, 10126, Torino
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